mercoledì 20 ottobre 2010

Lettera dal fronte


Oggi una mia amica ha scritto queste parole dal fronte della scuola. Non è una ragazzina alle prime difficoltà professionali, è una prof che insegna da TANTI anni, alle medie alle superiori e anche in un istituto parauniversitario specialistico, con una bella laurea scientifica e la passione che serve e che ci si aspetta da chi ha un ruolo delicato come quello dell'insegnante.
Le ho chiesto il permesso di usare le sue parole qui, non ho cambiato niente se non i riferimenti diretti all'Istituto.
Credo che queste parole in presa diretta siano il manifesto di tante sofferenze, a partire da quella personale, certo, in cui però si vede fin troppo bene lo sfascio della scuola dove vanno o dove andranno i vostri figli, non solo il mio. E il disastro di una società che ritiene normale che esistano professionisti convocati al telefono la mattina alle 7.30, per lavorare oggi qui e domani là, oggi all'Istituto specialistico dove vanno quelli che mi cureranno quando avrò il cancro, e domani alla materna, perchè insegnare è insegnare, è come cantare, se ti viene ti viene, che sia l'Aida o i Ramones, no?

Il fronte non è lontano, è in ogni singola scuola, anche in quella all'angolo della via dove abitate, pensateci, anche se non avete figli e non ne avrete mai.


Non so che cosa mi sia preso.
Questa mattina ore 7.30...telefonata per una supplenza.
Ho avuto una crisi isterica.
Ho rotto un vetro con un cazzotto.
Ho urlato come una matta.
Ho pianto.
Ho buttato giù tutto quello che avevo sotto mano.
Il gatto sotto il letto dalla paura.
Mia figlia in piedi allucinata e piangente.
Mio marito che mi guardava impaurito.
Ne avevo bisogno.
Come sto ora?
Come prima, solo in più con una mano fasciata.
Perchè ho scritto?
Boh. I matti sono matti.

Ieri dopo 15 anni è finita la collaborazione scolastica con l'Istituto Superiore di di YY.
Sto svolgendo gli ultimi esami con i miei ragazzi e domani firmerò gli ultimi diplomi.
Era il mio lavoro personale, era il mio progetto.
Era quella nicchia in cui mi nascondevo quando le cose andavano male.
Ho avuto i miei risultati: i ragazzi che ho formato, ancora adesso mi chiamano.
Ho avuto molte soddisfazioni.
Ho dato il cuore in quella scuola.
E ho dato tanto.
Ma ho ricevuto anche tanto.

Adesso grazie alla riforma Gelmini tutto finisce, finiscono i progetti, sono finiti i soldi e finisce la collaborazione.
Era la mia rivincita professionale.
E anche se la mattina andavo andavo all'esaltante materna comunale a lavorare, a star dietro a 25 bambini urlanti e piangenti, sapevo che poi avevo il mio lavoro.

Son tre anni che bene o male nello schifo di materna dove mi chiamano avevo una classe stabile, comunque una annualità.
Non era il massimo.
Ogni mattina mi alzavo dicendo: é un lavoro.
A casa che faccio.
Anche se non è il massimo ci vado..
E tutto sommato in questi tre anni anche con i gnappetti piccoli le mie soddisfazioni le ho prese. Ho le lettere dei genitori che mi ringraziano, ho i disegni dei bambini.
Insomma anche lì ho dimostrato che posso dare qualche cosa.

Ieri la botta in testa.
Fine della supplenza che avevo preso per un mese.
Fine del lavoro all'Istituto dopo 15 anni.
E si ricomincia a trottare come venti anni fa.
Nulla è cambiato, anzi invece di andare avanti torno idietro.
Tutti i giorni ad aspettare la telefonata.
Scuole diverse.
Bambini diversi.
Mamme diverse.
Colleghe diverse.
Progetti diversi.
Ultima ruota del carro.
Mia figlia sbattuta di qua e di la.
Marito che mi dice che con uno stipendio non si può andare avanti.
Venti anni che faccio questa vita.
Questa mattina ho avuto il panico.
Per di più non ci sarà nemmeno più il concorso quindi tutto questo non servirà nemmeno per una ipotetica assunzione.
Niente annualità.
Lavoro giornaliero alla materna.

Ho dato di matto.

Sono uscite fuori le mie paure.
La mia ineguatezza il mio senso di fallimento su tutto e su tutti.
Insomma sto male.
Non voglio sentire che tutto passa tutto si sistema vedrai che riuscirai.
Ho voglia di urlare al mondo che Marina esiste e si è rotta il cazzo.


Grazie, Marina (anche se non è il tuo nome).
Urlalo anche da qui.
E non pensare mai di essere matta, matti sono quelli che vogliono farci credere che tutto questo possa acacdere in un paese normale, in una scuoal normale, in un posto di lavoro normale.

(L'illustrazione è di Michele Petrucci)

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