lunedì 7 giugno 2010

Se ce l'ha fatta Mandela...

IL PARTITO “FONDATO SUL LAVORO” E L’APARTHEID TRA I LAVORATORI
Intervento di Pietro Ichino nella sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del Pd - 22 maggio 2010


Immaginate che, trent’anni or sono, in Sud Africa un partito si fosse rivolto ai neri, che allora erano pesantemente discriminati su tutti i piani da un regime di ferreo apartheid, con un discorso di questo genere: “noi auspicheremmo per voi una piena parità rispetto ai bianchi, ma ci rendiamo conto che questo è un obiettivo prematuro e un po’ troppo costoso; per il momento, dunque, non potete pretendere di salire sugli stessi autobus dei bianchi e di mangiare nei loro stessi ristoranti;
per voi proponiamo soltanto la graduale introduzione di una base di diritti di cittadinanza”. Secondo voi, quel partito avrebbe potuto qualificarsi come “democratico”?
Ora, considerate che, alle porte di una grande città del nord, c’è una grande impresa editoriale, dove lavorano come redattori e correttori di bozze 1100 bianchi, con rapporti di lavoro subordinato regolare, e 400 neri, suddivisi in paria di serie B (quelli con rapporto di lavoro “a progetto”), di serie C (quelli con “partita Iva”) e di serie D (gli stagisti pagati 300 euro al mese). Bianchi e neri fanno tutti esattamente gli stessi lavori, gomito a gomito tra loro, ma con alcune differenze: che quando c’è da chiudere un libro urgentemente, sono i neri che fanno le ore piccole senza una lira di straordinario; e che, viceversa, quando il lavoro non c’è, sono i neri a essere mandati a casa, senza un giorno di preavviso e senza un euro di indennizzo. Poi ci sono alcune altre differenze: i neri non vengono pagati se si ammalano, non hanno limiti di orario, non hanno diritto a permessi o ferie retribuite. Non hanno diritto neanche alla chiavetta per la macchina del caffè, al materiale di cancelleria, al parcheggio dell’auto in azienda, a salire sul pulmino aziendale che fa la navetta tra l’azienda e il centro-città. E quando si fa l’esercitazione anti-incendio, loro non devono parteciparvi: non sono mica dipendenti regolari!

Guardate che non sto parlando di un caso particolare: ci sono interi settori, nel nostro Paese, che funzionano in questo modo: non solo quello editoriale, ma anche le case di cura, dove non si assume regolarmente un solo medico o infermiere, perché tutti sono “a partita Iva”, o “a progetto”, o “appaltati” a cooperative, o comunque ingaggiati in forme anomale per eludere gli standard di trattamento. E in tutti i settori oggi di fatto si possono assumere in questi modi magazzinieri, carpentieri, segretarie di ufficio, autisti, portieri, tecnici informatici e qualsiasi altra figura professionale.

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