lunedì 17 maggio 2010

Una classe politica dedita alla beneficenza (con lo spauracchio dei forconi)

Mattia Feltri su La Stampa di ieri 16 maggio:


«Non è demagogia ma senso di responsabilità»

Ma non è per demagogia, dicono. È per senso di responsabilità. E, per senso di responsabilità, da qualche giorno i capintesta della maggioranza propongono di tagliare di qui e tagliare di là, tagliare naturalmente il numero dei parlamentari, tagliare i loro emolumenti, tagliare qualche mensilità, due o tre, tagliare le auto blu, tagliare qualcosa basta tagliare. Ieri la competizione è stata serrata. Ogni venti minuti saltava su uno a dire che si doveva tagliare subito e bene, seguito da un altro che diceva che si doveva tagliare prima e tagliare meglio. Non per demagogia, però. È per senso di responsabilità. Lo dice per esempio il ministro Gianfranco Rotondi, che vorrebbe tagliare «per essere in sintonia con un Paese che ha bisogno di sentirsi guidato da una classe dirigente autorevole e capace di sacrifici».

E dunque Rotondi ha proposto «la rinunzia» dei parlamentari a tre mesi di indennità. L’idea è simile a quella del capogruppo alla Camera del Popolo della libertà, Maurizio Gasparri, il quale pure si sentirebbe molto sollevato se deputati e senatori («ma anche gli alti dirigenti pubblici pagati ben più dei politici») devolvessero tre mensilità alla nazione e al buon nome della classe dirigente. Ma Gasparri non è uomo da accontentarsi del pareggio: «Meno spese nei palazzi, ecco quello che serve». Meno spese a Montecitorio, meno spese a Palazzo Madama, meno spese al Quirinale. Ed è difficile valutare se il progetto di Gasparri sia più o meno incisivo di quello del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che di mesate ne offrirebbe una sola, ma vita natural durante, se abbiamo ben capito: «Ho una proposta precisa, devolvere ogni anno uno stipendio intero di tutti coloro che hanno responsabilità politiche o manageriali connesse alla politica».

Davanti a questi lampi di rettitudine, non poteva restare nell’ombra un altro degli ex colonnelli di Gianfranco Fini (ora graduati di Silvio Berlusconi), e cioè Altero Matteoli: «Giusto chiedere sacrifici prima a coloro che sono largamente remunerati». Il disegno è generico, ma il solco è quello. Non per demagogia, è chiaro. Non è per demagogia, probabilmente, che da qualche lustro si discute della riduzione dei parlamentari, e al momento sono 945, senza contare i senatori a vita. E tutti sono d’accordo, specialmente i parlamentari, sulla necessità di ridurre i parlamentari. E però i parlamentari non si riducono mai. E certo non sarà demagogia alzarsi una domenica mattina, quando ormai è chiaro che la crisi obbligherà il governo a mettere le mani nelle tasche degli italiani, e soffiare nelle trombette della sobrietà ritrovata, uno qui e uno di là, uno di meno e uno di più, ma sarebbe stato per niente demagogico se si fossero messi d’accordo su un testo e lo avessero approvato alla svelta, loro che la maggioranza ce l’hanno solida, e se serve sanno essere saette.

E infine, secondo voi, è per demagogia se l’iniziativa di devoluzione di qualche stipendio (che oltretutto sa di beneficenza, e una classe politica dedita alla beneficenza ai cittadini è già oltre la demagogia) non è stata accompagnata da una motivazione che a qualcuno appare più concreta e più urgente, e cioè che non si apparecchia una finanziaria feroce seduti in poltrona, in una casa con vista sul Colosseo, e con la magistratura alla porta, altrimenti arrivano coi forconi?

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