lunedì 24 maggio 2010

Silenzio

Grazie a Luca Sofri ho recuperato due articoli dal maggio sanguinoso del 1992 (e il ricordo di quel sabato).

"Per me la vita vale come il bottone di questa giacca, io sono un siciliano, un siciliano vero".
Giovanni Falcone


Ora la televisione trasmette le funebri cerimonie.
Guardo il giudice Paolo Borsellino che ha posato una mano sul feretro di Giovanni Falcone. E’ in toga nera con la camicia bianca ricamata e per la prima volta lo vedo bellissimo, come un cavaliere antico che giura fedeltà di fronte al compagno caduto. Guardo il giudice Ayala, pallidissimo, esile, alto e curvo come una figura di El Greco, guardo la sua mano lunga e scarna posta sulla bara.

Guardo Tano Grasso, leader dei commercianti di Capo d’Orlando che hanno detto di no alla mafia, guardo Rosaria , la vedova del poliziotto Vito Schifani, che di fronte al cadavere del marito ha detto che sembrerebbero giuste nella Chanson de Roland : "Era così bello, le sue gambe erano così belle".

Si, c’è qualcosa di cavalleresco, di nobile, di puro in questa difesa dei giusti di Palermo al loro passo di Roncisvalle, paladini di uno stato infingardo e inafferrabile. Erano anni che non vedevo più le facce degli italiani onesti e coraggiosi, non le maschere grottesche e unte del potere corrotto e mediocre; anni che non vedevo più il dolore e l’ira popolare, che non sentivo più quel grande respiro di commozione che nelle ore decisive ci fa credere, per poco, ma un poco che basta, che c’è qualcosa di buono o forse immortale negli esseri umani, che la loro vicenda o vive in questi momenti o è una pigra stupida routine.

Ho visto le facce dei giovani,i moltissimi giovani, come destati da un lungo sonno, come usciti d’un tratto dalle melensaggini che i media gli attribuiscono, come tornati uomini con sdegni e furori, da un limbo di mode cretine e di melassa pubblicitaria. No, non dico che bisogna lanciare il cuore al di là dell’ostacolo o altre iperbole dell’arditismo, ma essere di nuovo, a viso aperto, per la dignità dell’uomo, contro il terrore e la stupidità dei violenti.

"A Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che erano vivi quando cominciò questa inchiesta e che sono morti per la nuova Resistenza".

Giorgio Bocca

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