domenica 16 maggio 2010

La pazienza in una coppia

Sempre Francesco Piccolo, sempre La separazione del Maschio (pag 152), sul rapporto tra il regista e il suo montatore:

La pazienza e la quantità di ore che ci vogliono per riuscire a montare un buon film sono abbastanza da arrivare a questa forma ossessiva di rapporto: eppure non ho dubbi sul fatto che è a questo punto, quando siamo giunti a questa insofferenza profonda, che riusciamo a fare i miglioramenti più importanti.
Non a causa dell'insofferenza, ma perchè l'insofferenza è il segnale che siamo stanchi del film e di noi stessi, ed è dentro a questa stanchezza che farebbe venire voglia di finirla qui, di chiudere il film così com'è, di accontentarsi - è dentro questa stanchezza del film e di noi due che si riescono a trovare gli ultimi passaggi, tagli, miglioramenti. E' nella pazienza che ci vuole a questo punto che il film migliora nella sua parte decisiva.

E' il momento in cui bisogna ritrovare ciò che nel lavoro di mesi si è andato pian piano perdendo: la logica narrativa.

Durante le lunghe settimane insieme, il rapporto tra il montatore e il regista da una parte, e il film dall'altra, arriva ad un grado di conoscenza che supera il limite ed eccede, tanto che abbandona la logica narrativa primaria e comincia a concentrarsi su ogni singolo particolare. Io e il regista senza poterci far nulla ci dimentichiamo pian piano del primo strato del film, quello narrativo, perchè rivedendolo mille volte ne siamo stanchi, lo diamo ormai per socntato, per acquisito. Ed è un granmde errore dare il senso per acquisito: è in questa nevrosi macroscopica che la convivenza si complica e cominciamo a detestarci.
Eppure, quando siamo arrivati al punto dell'esasperazione, quello è il momento in cui, se abbiamo pazienza, se resistiamo (...) se superiamo l'odio che ormai proviamo per quelle immagini, se anzi lavoriamo in compagnia di quell'odio e quella esasperazione, ci torna davanti agli occhi la visone generale della storia, e l a sua ljavascript:void(0)inea più semplice, quella da cui siamo partiti. I particolari tornano a comporsi dentro a un designo generale.

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