mercoledì 24 marzo 2010

Ancora sulla morte della dialettica

http://minimaetmoralia.minimumfax.com/2010/03/24/busi-conto-il-neo-analfabetismo/#more-2089

Questa sera andrà in onda su Rai Due la quinta puntata dell’«Isola dei Famosi», la prima senza Aldo Busi, neanche in studio, a meno di un’indulgenza plenaria emersa all’ultimo momento dalle acquasantiere della Rai.Come è noto, nei giorni scorsi la tv di stato ha disposto – unendo destra e sinistra nell’unica perversione incoraggiata bipartisan, e cioè l’incesto tra potere e ipocrisia – di bandire da ogni trasmissione delle proprie reti l’autore di Seminario sulla gioventù e di quell’altra trentina di libri che dovrebbero al contrario rappresentare un salvacondotto privilegiato per l’accesso al dibattito pubblico. Ma a ben vedere, la presenza di Busi al reality (il cui vertice sta proprio nella sparata in cui la cecità dei censori ha visto offese al papa e al presidente del consiglio) è stata una cartina di tornasole capace di rivelarci a che punto è la notte del vero scontro di civiltà in atto da tre lustri in Italia. Due opposte specie antropologiche si contendono il dominio della penisola. Non cristiani contro mussulmani e non toghe rosse contro partiti dell’amore, ma coloro che affidano i propri argomenti alla corretta articolazione del linguaggio, al sillogismo, persino al paradosso – che del linguaggio è una delle possibili declinazioni – partendo dalla convinzione che un patrimonio condiviso esista (per esempio la voltaireana difesa della libera espressione delle opinioni con cui siamo in disaccordo), e quelli che al contrario usano le parole come altrettante onomatopee dell’anima, e cioè abbandonando nell’indistinto oceano della cieca, bruta e in fin dei conti violenta emozionalità (la propria) quei feti adulti di opinioni che sono gli istinti, e ai quali solo l’incubatrice del linguaggio può sperare di donare l’adultità della vita civile. Si tratta, insomma, degli analfabeti di ritorno. E la presenza di Busi all’«Isola» si può leggere come il seguente esperimento: cosa succede se in una vasca di individui pre- (o post-) linguistici viene immerso il pesce sempre più fuor d’acqua di un alfabeta?Lunedì scorso Giovanni Sartori, partendo dai dati di Tullio De Mauro, ha lanciato l’allarme sulla prima pagina del «Corriere della Sera»: settanta italiani su cento sono analfabeti totali o di ritorno. Si tratta di una minaccia per la democrazia. Come posso partecipare alla vita pubblica se non ho i mezzi per farlo? come faccio a capire se le lusinghe di un governante nascondono la circonvenzione di (me) incapace? come faccio a persuadermi che esercitare diritti e compiere doveri ripaga, sulla lunga distanza, molto più che artigliare un privilegio? E soprattutto: che speranze ho di uscire da questo stato di minorità se sono proprio le istituzioni a incoraggiarlo? E quale istituzione è riconosciuta come tale dagli italiani più di una prima serata su una tv generalista? Ecco. Basta andare su youtube e rivedersi una delle liti tra Busi e gli altri naufraghi consumate nelle scorse settimane. Busi sarà pure indisponente e rompiscatole, ma polemizza con il prossimo cavalcando opinioni che a propria volta cavalcano ragionamenti normalmente (sarebbe bello dire: ovviamente) linguistici. Il che provoca un effetto da incubo: gli altri, semplicemente, non lo capiscono. Attacca Roberto Fiacchini, figlio adottivo di Renato Zero, perché si presenta sull’isola indossando una maglietta con su stampato il faccione del cantante, colpevole secondo Busi di aver tradito la causa degli omosessuali sull’altare della commercializzazione di sé, di cui la maglietta sul cartellone pubblicitario vivente dell’adottato sarebbe tra l’altro una prova? Bene, Fiacchini e gli altri naufraghi non rintuzzano Busi sull’argomento sollevato ma, trasformato nella loro testa il ragionamento in qualcosa di pre-linguistico e nudamente quanto pericolosamente viscerale (si sta criticando un padre al cospetto di figlio, dunque si stanno insultando gli stessi concetti di paternità e amor filiale!), si scagliano su Busi sulla base di una tautologica e indimostrata superiorità dei diritti di sangue (Gott mit us) sollevandosi in un coro indistinto di: «sei matto! sei ignorante! ma che stai a di’! quello è er padre! er padre è er padre e nun lo tocchi!» E ancora… Busi, tra un cazzeggio e l’altro, parla dei libri che ha letto? Ecco un naufrago che, indispettito, gli si fa incontro e, spalleggiato dagli altri, si esprime più o meno in questo modo: «tu te credi d’esse più accurturato de me, ma magari invece sei più ignorante. Per esempio… è vero che io nun so chi è er presidente de la repubblica e der consiglio, ma tu nun sai chi è Totti e come funziona er fuorigioco… come vedi siamo pari», non sospettando che ignorare l’identità di Francesco Totti non crea mutilazioni al nostro status di cittadini di una democrazia a suffragio universale, ma non sapere chi è il Presidente della repubblica o del consiglio invece sì. Stessa cosa, quando, la settimana scorsa, collegato con gli studi di Rai Due, Busi ha annunciato di abbandonare l’isola e ha poi osato criticare la Chiesa e Berlusconi. Bastava osservare la faccia di Simona Ventura mentre Busi esponeva le sue ragioni per comprendere che la conduttrice faticava a capire che cosa stava dicendo lo scrittore (o al massimo fingeva di far fatica, al fine di solidarizzare, anche sul piano fisiognomico, con il presunto analfabetismo del telespettatore medio). Uno dei rimproveri più frequenti della Ventura quando i ragionamenti dello scrittore lambivano le colonne d’Ercole della terza subordinata di fila era infatti: «Aldo, se parli così non ti capiscono!» E quando la conduttrice ha tentato di far tornare lo scrittore sui suoi passi («ripensaci! se te ne vai non potrai più esprimere le tue idee»), all’ovvia risposta di Busi («chi vuole conoscere le mie idee, basta che prenda un mio libro in libreria») ha reagito con uno sguardo smarrito, da cui ne ho tratto che l’unico contesto di confronto ormai possibile è per lei quello sub linguistico della tv generalista.Ma il vero disastro democratico si è avuto il giorno dopo, con la scomunica di Busi disposta dai vertici Rai. Anche qui, tutto è partito non da un ragionamento ma dal terrore istintivo che ogni istituzione del nostro paese prova quando la parola «papa» è pronunciata in un contesto lontano da quello agiografico. Di fatto, si è punito in questo modo un reato d’opinione. Analizzando razionalmente (linguisticamente) l’invettiva di Busi, lo scrittore infatti si è limitato a: 1) muovere a Berlusconi una critica sulle tasse, il che oltre a essere legittimo è ben poco rispetto alle critiche mosse ogni giorno al premier dai suoi detrattori; 2) stigmatizzare l’ostilità verso gli omosessuali più volte dimostrata dalla Chiesa, e dunque l’omofobia che sarebbe difficile dimostrare essere aliena al Vaticano, omofobia che il papa, in quanto capo della Chiesa, non avrebbe contrastato. Omofobia che infine – e qui la coda del ragionamento di Busi deve aver fatto tremare i polsi dei censori – è spesso l’anticamera delle perversioni sessuali.Ora, d’accordo o no che siamo con Busi: che cosa stiamo fronteggiando, se non un’opinione il cui diritto d’espressione dovrebbe essere garantito? E invece (ancora una volta) le istituzioni televisive hanno reagito alle sue parole in modo irrazionale e sub-linguistico. E cioè in modo (aggiungo io, che similmente al Vaticano credo che fede e ragione possano marciare insieme) non così diverso da come il cardinal Bagnasco e il cardinal Bertone, anziché salutare la scoperta (la scoperta, non certo l’esistenza) dei casi di pedofilia esplosi ultimamente in mezzo mondo cattolico come una manna dal cielo e un’occasione di rinnovamento all’interno della Chiesa, hanno preferito agitare l’ipotesi del complotto («qualcuno cerca di minare la fiducia nella Chiesa»), di precisare che i preti pedofili sono una minoranza rispetto a tutti i preti (il che mi sembra ovvio), quando invece la ragione imporrebbe di dire che, se i preti pedofili sono percentualmente più dei pediatri pedofili o degli architetti pedofili, allora si può e si deve evidentemente parlare di un’emergenza pedofilia all’interno della Chiesa, il che non può non scuotere la fiducia dei fedeli.Ma forse il vero reato di Busi (il cui unico peccato è un per me inspiegabile complesso di Elettra che lo porta a invaghirsi di donne dall’esibita virilità come la De Filippi o la Ventura) è stato parlare di politica e religione non da Santoro o nel salotto di Fabio Fazio ma, direttamente, nella fabbrica di circenses e intrattenimento che alimenta – legittimandolo – l’analfabetismo di ritorno dell’italiano medio e normalmente votante, costringendolo alla suddetta condizione di minorità. È questo che il potere oggi non tollera, e ogni italiano che abbia a cuore le conquiste della democrazia da sessant’anni a questa parte dovrebbe esserne scandalizzato.

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